Dopo poco tempo che Matisse (qui) era arrivato, mi ero assolutamente convinta che "Non avrei mai preso un altro animale, fintanto che nella mia vita c'era lui". La decisione derivava sicuramente dal carattere abbastanza geloso e possessivo del mio micione.
I successivi animali di CasAluccia arrivarono per caso!
Rhum (ora gatto di mia madre) era un paziente dell'ospedale durante le mie notti di tirocinio.
Era cieco, roscio e con la mandibola sfasciata.
Fu amore a prima vista.
Con abile mossa convinsi mi a madre che "Se non lo prendiamo noi, morirà!".
Poco tempo dopo arrivò Stella e la sua storia è nota (qui).
Per cui, in effetti, il patto era stato rispettato.
Non avevo scelto, loro mi erano capitati.
A quel punto erano più animali che cristiani, dovevo fermarmi.
Poi un giorno accompagnai una mia amica in gattile per la sua tesi.
Ah, se lo sapevo!
Sapevo benissimo come sarebbe andata a finire.
Ma dovevo solo far finta di nulla, guardar dritta, fare quello che c'era da fare e andarmene così com'ero arrivata!
Ma non avevo calcolato i momenti morti, quelli che ci sono sempre quando lavori e che io ho (malemente) deciso di impiegare girovagando per il gattile!
Non ci misi un granchè ad incrociare il suo musino!
Era piccola, nera, dispettosa, con lo sguardo da "Tu piccolo e inutile essere umano".
L'avevano spostata dalla gabbietta della madre e l'avevano messa con l'unico gatto che riusciva a sopportarla (perchè non ho ascoltato queste parole?!).
Era l'ultima rimasta della cucciolata, un tizio aveva detto che "Nera non la vogliamo, perchè porta sfiga!".
E' stato il colpo di grazia.
Tornata a casa non ho fatto altro che parlare di lei.
"Quant'è carina, e poi nessuno la vuole, e lo sai che assomiglia un sacco a Matisse? E poi è tutta nera!"
Era fatta, innamorata, cotta, dipendente, la volevo!
Le mie arti persuasive non c'hanno messo molto a convincere madre e coinquilina, la gatta sarebbe stata mia.
Salto tutta la parte in cui, appena arrivata in gattile la volontaria mia accolse con una faccia funerea "La gatta sta malissimo, non si alza, trema, ha la febbre. Questa è FIP!".
Salto la corsa in ospedale, il ricovero, il "Faccia tutto quello che c'è da fare, non posso lasciarla morire così."
Salto le lacrime appena arrivata a casa, i giorni di angoscia, quando mi aspettavo da un momento all'altro la chiamata del medico che mi comunicava la sua morte.
Salto i Km fatti, tutti i giorni, avanti e indietro, solo per andare a trovarla.
Mi soffermo solo al giorno un cui lui mi disse che era fuori pericolo, che potevo portarla a casa.
Oggi, quando lei ruba da mangiare a Matisse, quando correndo o saltando fa cadere tazzine, piatti, posaceneri, quando gioca con i mozziconi di sigaretta spargendomeli per tutta casa, quando la mattina mi sveglia a suon di pane in testa, quando mi vede e urla "meee", quando la sgrido e lei corre via, pronta a giocare di nuovo, come se nulla fosse accaduto, quando cerca di uccidermi Roger, quando mi azzanna i piedi, quando apre le ante dei mobili e squarta le bustine con la loro pappa, quando mi ruba la pizza dalla mano, o quando pretende di mettere la testa nel mio minestrone, quando si beve il mio latte,quando mi fa impazzire, ripenso a quel singolo giorno, quel giorno in cui la presi al gattile, piccola e tremante e le giurai che non le sarebbe accaduto nulla, che avrei fatto di tutto per salvarla.
E così mi torna in mente il suo "buongiorno" mattutino, il suo unico baffo bianco, i suoi occhi dolci, le sue fusa, i suoi sbuffi mentre dorme sulle mie gambe, i suoi continui tentativi di "essere una gatta", la sua innaturale paura per le altezze e la sua incordinazione.
Lei l'ho scelta (e a volte mi chiedo chi diavolo mel'abbia fatta fare).
Lei la amo per tutto quello che è, la mia dolcissima e diabolica Kalì!